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La mia porta è sempre aperta

Questa volta vi parlo di una situazione molto diffusa nei contesti organizzativi e aziendali che crea non pochi problemi ai miei clienti che fanno parte di queste realtà. L’espressione: “la mia #porta è sempre aperta”.

C’è una cosa che è giusto sapere, sono rarissime le volte in cui chi pronuncia queste parole, ha interesse ad capire cosa avete da dire.

In primis, chi le pronuncia potrebbe avere spesso dei comportamenti controllanti e avere bisogno di sapere cosa pensate. Inoltre, si tratta spesso di persone che malgrado sembrino molto disponibili e intenzionate a entrare in empatia con voi, di fatto non fanno alcun investimento emotivo, non manifestano i propri principi e questo induce chi decide di accogliere il loro invito a parlare, a farlo per primi.

Questo modo di operare, talvolta involontario, talvolta no, dà luogo a una politica gestionale fortemente impersonale e confusa.

Le persone si incastrano in quello che viene definito, il doppio legame e sono spesso destinate a sviluppare #sintomi, #malesseri inspiegabili oltre che restare #dipendenti e non sviluppare alcuna autonomia professionale. Per di più, questo modo di operare non porta neppure i risultati che l’organizzazione attende.

Quindi, occhio quando si parla di apertura, massima disponibilità, comprensione, sappiate che se deciderete di varcare la porta perché vi sentite confusi, l’unico beneficio che ne avrete sarà fare due chiacchiere con voi stessi. Per il resto resterà tutto immutato: confusione organizzativa e la sensazione di una porta chiusa.

Se invece, vi rendete conto di essere voi a utilizzare questa espressione, forse state mettendo in atto dei comportamenti appresi, ma, badate che anche su di voi, questi avranno delle conseguenze e non solo sul vostro lavoro!

Ci sono dei modi per cambiare questo sistema? Si, ci vuole un po’ di tempo, ciò che si può fare da #subito, è iniziare a lavorare sul modo di starci, non dimentichiamoci mai che siamo noi i costruttori di realtà.

Emanuela Salice

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