
Quel che ricordo con molto piacere delle mie precedenti esperienze lavorative è la collaborazione e l’aiuto che ho ricevuto dai colleghi che mi ha permesso di crescere.
Si potrebbe pensare che loro siano stati generosi e gentili con me, si lo sono stati ma, hanno fatto qualcosa in più, hanno esercitato un certo potere su di me.
Tutte le persone che inducono altre persone a collaborare intorno a problemi e soluzioni esercitano un potere.
Il potere non è un attributo, e non ha un’accezione negativa come spesso si pensa, ma è l’esito di diversi processi relazionali in cui ciascuno gioca il proprio grado di libertà.
Quando questo gioco è sportivo allora si crea un “amore implicito” in grado di apportare importanti contributi alla vita di ognuno e anche a quella dell’azienda di cui si fa parte. Se nell’esercizio di questo potere passano emozioni, sentimenti, anche quelli difficili da accettare, e si viene ascoltati, riconosciuti e nominati si generano risorse che nessuna macchina mai potrà sostituire.
Se, invece nell’esercizio del potere si è diffidenti, ci si attacca al proprio ruolo, si tenta di zittire il proprio collega allora si rischia di alimentare il malcontento che si manifesterà in maniera inconsapevole, a danno del contesto professionale.
Ne segue che un’impresa che favorisce al suo interno la cooperazione e la collaborazione, non può che favorire il suo successo. Maria Buccolo dice ”la probabilità di un successo aziendale è direttamente proporzionale alla qualità e quantità di forza motivazionale e creativa investita dalle persone nel loro lavoro”.
E proprio sulla motivazione è necessario puntare, imprenditori, manager, hr.
Emanuela Salice